LA MORALE DEGLI SCACCHI ( BENJAMIN FRANKLIN 1779)

Il Giuoco degli Scacchi non è solo un ozioso passatempo. Parecchie importantissime

qualità della mente, che sono utili nel corso della vita umana, s'acquistano

o si rafforzano mediante quel giuoco, cosicché diventano abitudini

pronte ad ogni occasione. Perché la vita è una specie di gioco di scacchi, in cui

abbiamo spesso dei punti da guadagnare e dei competitori o avversari con cui

contendere; e in cui c'è una gran varietà di buoni e cattivi eventi, i quali sono,

entro certi limiti, effetti della prudenza o della mancanza della medesima.

Giuocando dunque a scacchi possiamo imparare:

1. Preveggenza, che guarda un po' nel futuro e considera le conseguenze

che possono venire da un'azione, perché il giuocatore pensa continuamente:

(se muovo questo pezzo, quali saranno i vantaggi o gli svantaggi della mia

nuova posizione? Quale uso potrà farne il mio avversario per infastidirmi?

Quali altre mosse potrò fare per sostenere questa e per difendermi dagli attacchi

di lui?).

2. Circospezione, che percorre l'intera scacchiera o scena dell'azione, le relazioni

fra i diversi pezzi e le situazioni, i pericoli a cui sono rispettivamente

esposti, le varie possibilità di aiuto reciproco, le probabilità che l'avversario

faccia questa o quella mossa e attacchi questo o quel pezzo, e quali diversi

mezzi si possono usare per evitare i suoi colpi o volgerne le conseguenze contro

di lui.

3. Cautela di non fare mosse troppo affrettate. Questa abitudine s'acquista

meglio osservando strettamente le leggi del giuoco, quali, per esempio, (se

tocchi un pezzo, dovrai muoverlo in qualche posto; se lo metti giù lo devi lasciar

giù).

Dunque meglio che queste regole si osservino, poiché così il giuoco diventa

ancor più un'immagine della vita umana e specialmente della guerra: nella

quale, se tu incautamente ti sei messo in una cattiva e pericolosa posizione,

non puoi ottenere dal nemico il permesso di ritirare le tue truppe e collocarle

in modo più sicuro, e devi accettare tutte le conseguenze della tua precipitazione.

E finalmente, dagli scacchi noi apprendiamo l'abitudine di non scoraggiarci

alle attuali apparenze dello stato dei nostri affari, e l'abitudine di sperare in un

favorevole mutamento, e quella di perseverare nella ricerca di risorse. Il giuoco

è così pieno d'eventi, presenta una tal varietà di svoltate, e la sua fortuna è

tanto soggetta a improvvise vicissitudini, e così spesso uno dopo lunga meditazione

scopre il mezzo di districarsi da una difficoltà che gli era parsa insormontabile,

che ci si sente incoraggiati a continuare la contesa sino alla fine,

sperando d'ottener vittoria con la nostra abilità o almeno stallo dalla negligenza

del nostro avversario. E chiunque consideri, come negli scacchi ne vede

frequenti esempi, che particolari successi sono atti a produrre presunzione e

una conseguente inattenzione, a causa della quale si perde poi più di quanto

non s'avesse guadagnato dal precedente vantaggio, mentre le sfortune producono

maggior cura e attenzione, per cui la perdita può esser rimediata, imparerà

a non esser troppo scoraggiato da alcun attuale successo del suo avversario,

e a non disperare della finale buona fortuna per ogni piccolo ostacolo che

incontra per ottenerla.

Affinché dunque si possa esser indotti a scegliere più spesso questo benefico

divertimento in preferenza d'altri che non sono accompagnati dai medesimi

vantaggi, si dovrà tener conto d'ogni circostanza che ne può accrescere il piacere;

ed ogni azione o parola sleale, irrispettosa, o in qualsiasi maniera atta a

mettere in disagio, dovrà essere evitata come contraria alla diretta intenzione

dei due giuocatori: la quale è di passare il tempo piacevolmente.

Quindi anzitutto, se si è d'accordo di giuocare secondo le strette regole,

queste debbon essere esattamente osservate da tutti e due i giuocatori, e non si

dovrà insisterci sopra da una parte e trascurarle dall'altra, perché ciò non è equo.

In secondo luogo, se si è d'accordo di non attenersi strettamente a tutte le

regole e uno chiede qualche concessione, questi dovrebbe volentieri concedere

lo stesso all'altro.

In terzo luogo, non si deve mai fare nessuna falsa mossa per districarsi dalle

difficoltà o per ottenere un vantaggio. Non ci può esser piacere a giuocare

con una persona quando la si è scoperta sleale.

In quarto luogo, se il vostro avversario è lento nel giuocare, non dovete

fargli fretta o esprimere impazienza alla sua lentezza. Non dovete né cantare,

né fischiare, né guardare il vostro orologio, né prendere un libro per leggere,

né batter col piede sul pavimento o tamburellare il tavolo con le dita, né far alcunché

che possa disturbare la sua attenzione. Perché tutte queste cose dispiacciono,

ed esse mostrano non già la vostra abilità nel giuocare, bensì la

vostra astuzia o scortesia.

In quinto luogo, non dovete cercar di divertire o ingannare il vostro avversario

fingendo d'aver fatto una cattiva mossa e dicendo che ormai avete perduto

la partita per renderlo sicuro di sé, trascurato e poco guardingo, dei vostri

piani: perché questa è una frode e un inganno, non abilità nel giuoco.

In sesto luogo, quando avete avuto la vittoria non dovete usare alcuna espressione

d'esultanza o insultante, nè mostrarne troppo piacere, ma anzi cercare

di consolar l'avversario per renderlo meno malcontento di se stesso mediante

ogni specie di gentile espressione che possa usarsi con verità, come ad

esempio, (voi conoscete il giuoco meglio di me ma siete un po' disattento), o

(voi giuocate troppo in fretta), o (voi avevate la meglio nella partita, ma è intervenuto

qualche cosa a distrarvi, e così è finita in mio favore).

In settimo luogo, se voi siete spettatore mentre altri giuocano, osservate il

più perfetto silenzio. Perché, se date consiglio offendete tutti e due i giuocatori:

quello contro cui lo date, perché può causare la perdita della partita, e quello

a cui favore lo date, perché, anche se è un buon consiglio ed egli lo segue, è

privato del piacere che avrebbe potuto avere se voi l'aveste lasciato pensare fino

a che avesse trovato la mossa da sè. E anche dopo la mossa o le mosse, non

dovete rimettere i pezzi dov'eran prima e mostrare come potevan essere meglio

mossi:

perché ciò dispiace e può causare dispute e dubbi sulla vera posizione. Ogni

parlare ai giuocatori diminuisce o distrae la loro attenzione, e quindi spiace.

Nè dovete fare alcun cenno a nessuno dei due con rumore o movimento. Se

così fate non siete degno d'essere spettatore. Se avete intenzione di esercitare o

mostrare il vostro giudizio, esercitatelo nella vostra partita quando ne avete

l'opportunità, non nel criticare o nell'immischiarvi o nel consigliare nel giuoco

d'altri.

Finalmente, se questo giuoco non lo fate rigorosamente secondo le regole

summenzionate, moderate il vostro desiderio di vincere l'avversario e siate

contenti s'egli vi vince. Non approfittatevi immediatamente d'ogni vantaggio

che egli vi offra con la sua incapacità o disattenzione; ma anzi ditegli gentilmente

che con quella tal mossa egli mette o lascia un pezzo in pericolo e indifeso,

e che con quell'altra mossa metterà il suo re in posizione pericolosa, ecc.

Con tale generosa cortesia, così opposta alla slealtà più sopra proibita, voi

potrete in verità perdere una partita, ma vincerete, quel che val meglio, la stima,

il rispetto e l'affetto del vostro avversario, nonché la silenziosa approvazione

e buon volere degli spettatori imparziali.

 

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